Dal Giappone arriva una lezione per assaporare il tempo

La cultura giapponese ha sempre molto da insegnarci. Ad esempio con la stazione “Seiryu Miharashi Eki” nel sud del Giappone, alla base di una montagna nella prefettura di Yamaguchi. Da un lato, c’è il fiume Nishiki, dall’altro, la fitta vegetazione. Nulla di più!

Seiryu Miharashi Eki letteralmente significa “la piattaforma di vista del fiume”.  È una stazione ferroviaria in mezzo al nulla senza alcuna entrata né uscita. Nessuna biglietteria, nessun negozio, nessun bar.
Il treno si ferma in mezzo al nulla. Su quella banchina di cemento, non si può fare altro che lasciar vagare lo sguardo e contemplare la natura incontaminata. Si scende dal treno ma non ci si può recare da nessuna parte: per andarsene occorre aspettare il convoglio successivo. Si tratta di un segnale di “discontinuità“, per ricordare a chi usufruisce della tratta ferroviaria l’importanza di “fermarsi“, ritagliarsi del tempo, pensare, riflettere, rimettersi in pace con il mondo. Uno “stop” alla meccanicità quotidiana. La risposta alla furia efficientista e attivista che assilla il nostro mondo occidentale dove tutto deve essere utile e avere un profitto. Quella fermata ci insegna a soffermarci nella nostra vita frenetica anche senza necessariamente averne un’utilità. Fermarsi per il solo gusto di fermarsi senza dover far nulla! Ecco che quella che sembrerebbe una folle stazione-fantasma assume i contorni dell’opportunità per ritagliarsi del tempo, pensare, riflettere, rimettersi in pace con il mondo e combattere il flagello dello stress.

In realtà c’è anche un aspetto terapeutico.
In Giappone, così come in tutte le società orientate al capitalismo più sfrenato, è particolarmente sentito il problema di una routine lavorativa estremamente frenetica e disumana. Nella cultura nipponica esiste il termine “karoshi”, coniato per indicare i dipendenti che commettono suicidio o soffrono di insufficienza cardiaca e ictus a causa di lunghi ed estenuanti orari di lavoro. La stazione di Seiryu Miharashi Eki assume quindi anche un significato terapeutico ancora più importante. Decidere di scendere a questa stazione significa, quindi, scegliere di ribellarsi alla frenesia della vita quotidiana attingendo alla bellezza dell’ambiente. Significa riuscire a prendere il piacere di tornare a respirare lentamente, godere dello scorrere dell’acqua o di un refolo di vento fra gli alberi che accarezza la nostra pelle, ascoltare il rumore del silenzio che nelle nostre giornate frenetiche ormai è sopraffatto dal rumore di fondo della città. Significa riconoscere che, al di là dei valori che impongono di correre a perdifiato verso il profitto, c’è dell’altro. Un’altra maniera di vivere, un’altra prospettiva più umana, più lenta e decisamente più connessa con i ritmi naturali.

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