Confermate le voci sulla terza nave causa del disastro della Moby Prince

incidente livorno
© AdnKronos

“La Moby Prince è andata a collidere con la petroliera Agip Abruzzo per colpa della presenza di una terza nave comparsa improvvisamente davanti al traghetto che provocò una virata a sinistra che ha poi determinato l’incidente. Purtroppo questa nave non è ancora stata identificata con certezza”. Così Andrea Romano (Pd), presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sul disastro Moby Prince, presentando la relazione conclusiva approvata all’unanimità dopo poco più di anno di lavoro, iniziato il 13 luglio 2021. Il traghetto che il 10 aprile del 1991 nella rada del porto livornese entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo il 10 aprile del 1991 nella rada del porto di Livorno causando la morte di 140 persone tra cui 26 sardi.

“Non abbiamo potuto dare risposte certe sull’identificazione della terza nave, che secondo noi ha causato la collisione, perché – ha spiegato Romano – non ne abbiamo avuto il tempo a causa della fine anticipata della legislatura, ma abbiamo suggerito nella relazione conclusiva due piste da seguire in futuro sia da parte della magistratura che del prossimo Parlamento”. “Non abbiamo certezze – ha aggiunto – ma suggeriamo nelle nostre conclusioni due possibili ipotesi investigative da approfondire: una riguarda la nave 21 Oktobaar II, che è un ex peschereccio somalo, e l’altra la presenza nel tratto di mare interessato dalla presenza di una o più bettoline impegnate in possibili operazioni di bunkeraggio clandestino”.

“Siamo arrivati alla conclusione – ha quindi proseguito il presidente della commissione – che le condizioni di visibilità la sera della collisione fossero buone, se non ottime, con vento di brezza e mare calmo. Inoltre abbiamo accertato senza ombra di dubbio, grazie a studi scientifici eseguiti in modo approfondito, che la petrioliera Agip Abruzzo, contro la quale andrò a collidere il traghetto Moby Prince, si trovava ancorata in rada in una zona dove invece c’era il divieto di ancoraggio”. (ANSA).

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