Sanità sassarese, social e incitamento alla violenza: interviene l’OPI

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Rimane alta la tensione al Pronto Soccorso di Sassari

Sono passate solo poche ore dall’ennesima aggressione (la ventesima negli ultimi due mesi) in Pronto Soccorso ai danni del personale infermieristico, che già sui social si scatena l’ennesima caccia al sanitario.

A scatenare la discussione una foto scattata da un familiare che ritrae un anziano su una barella, accompagnata da un commento dove si accusava il personale del Pronto Soccorso di scarsa attenzione sanitaria e gli infermieri di non aver eseguito l’igiene del paziente.

Ricordando che la legislazione vigente validata da innumerevoli sentenze pone in carico alle figure di supporto, e non all’infermiere, l’esecuzione delle cure igieniche sui pazienti, è preoccupante ciò che invece è avvenuto dopo: decine e decine di commenti di accuse e offese ai sanitari postate da persone non presenti ai fatti, che hanno deciso di utilizzare il post per dire la loro ed incitare alle aggressioni.

Commenti che incitavano alla violenza fisica contro il personale, come “poi si lamentano se uno gli alza le mani” e”dovevi prenderlo a sberle e rompergli il PC sulla testa”, sono solo alcune frasi comparse in calce al post e tra quelli più edulcorati.

A rispondere nelle ore successive l’OPI che attraverso le sue pagine social ha diramato un breve comunicato: “L’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Sassari comunica che sono in corso le procedure per dare mandato al nostro legale di agire nei confronti di chi, nei vari post pubblicati ieri su Facebook, ha offeso, oltraggiato e discriminato la nostra professione. Stiamo raccogliendo tutto il materiale e procederemo il prima possibile come è sempre stato fatto da quest’Ordine al fine di garantire l’onore e decoro”.

Al di là dei risvolti giudiziari resta però aperta la discussione sulle aggressioni ai sanitari che, in tutta Italia, sono sempre più frequenti e al ruolo che i social hanno nel creare e diffondere il clima di tensione che si respira nelle strutture ospedaliere, perché gli utenti non sanno la realtà che c’è dietro una foto o un video, le problematiche del paziente e se davvero ciò che afferma è vero (non si vuole accusare nessuno, soprattutto chi ha postato la foto che ha scatenato l’ultimo “attacco mediatico”, ma non poche sono state le esagerazioni in passato su presunti cattivi trattamenti  ricevuti dai familiari negli ospedali).

C’è chi ritiene responsabili gli amministratori dei gruppi e delle pagine Facebook, spesso troppo permissivi verso questo tipo di commenti, e chi invece punta il dito sul social, usato unicamente come valvola di sfogo di un malessere dovuto al collasso della sanità pubblica.

L’unica cosa certa è che, continuando di questo passo, a rimetterci continueranno ad essere sia i sanitari che i pazienti: i primi aggrediti e i secondi privati dell’umanità delle cure.

Ildegardo Peplau

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