Perché gli infermieri stanno abbandonando la professione?

nursing up sassari

Ha creato scalpore in questi giorni la notizia che numerosi infermieri sardi si stanno licenziando dagli ospedali per cercare nuove opportunità lavorative in altri settori o emigrando all’estero. Abbiamo intervistato il dirigente provinciale Nursing Up, il sindacato degli infermieri Italiani, Andrea Farris.

È notizia di questi giorni che gli infermieri sardi stanno abbandonando la professione, quali sono le motivazioni?
“Sicuramente lo scarso riconoscimento economico e professionale. Un infermiere oggi guadagna 1.500 euro al mese, ma gli obblighi di legge gli impongono delle spese come l’assicurazione professionale, l’iscrizione all’ordine e la formazione obbligatoria che incidono fino a 3000 euro l’anno. Immaginiamo un infermiere che, dopo la laurea ha conseguito uno o due master universitari, si ritrova a percepire uno stipendio reale di 1.250/1.300 euro, mentre nel resto d’europa lo stipendio medio è di 2.500 euro netti.

A questo si aggiunga che mentre nel resto d’Europa l’infermiere può lavorare anche in libera professione, come già avviene in Italia per i medici, qui da noi è assolutamente vietato impedendo di fatto al professionista di poter migliorare la propria situazione economica.

È fisiologico a queste condizioni che sempre più professionisti scelgano di cercare un lavoro, magari meno qualificato ma a parità di salario, e di lavorare nel tempo libero come infermieri a partita iva oppure, sopratutto i più giovani, scegliere la strada dell’estero. Non è un caso se in Italia mancano 70.000 infermieri e ben 30.000 colleghi lavorino comunque all’estero, lontano da casa.

E dal punto di vista professionale?
Sono passati vent’anni dall’introduzione dei master universitari specialistici e ad oggi non è stata creata a livello contrattuale alcuna possibilità di carriera per chi decide di formarsi maggiormente dal punto di vista clinico. Ma non solo: la progressione orizzontale di carriera vale circa 30 euro netti al mese e oggi viene assegnata solo ad una piccola percentuale di colleghi, che vengono messi in competizione tra loro in base ai giudizi di performance dell’Azienda.

Le modalità della valutazione sono spesso contestate dai professionisti, perché non sono premiate le capacità e competenze, ma la disponibilità degli infermieri a coprire le carenze organiche ormai fuori controllo. Inoltre le Aziende continuano a utilizzare gli infermieri per sopperire alla carenza di OSS e Ausiliari assegnando a questi professionisti, in aggiunta al proprio carico di lavoro, anche mansioni inferiori che la legge e le sentenze della cassazione hanno definito da anni non attribuibili all’infermiere”.

Come ha inciso il Covid nella scelta di abbandonare questa professione?
Secondo i dati raccolti dal nostro sindacato, nel solo mese di agosto 2021 in Italia sono stati contagiati 1.800 infermieri. È chiaro che ogni sera quando un padre di famiglia torna a casa dai figli rifletta se sia il caso di esporli a questo rischio per 1300 euro.
In più tanti colleghi che lavorano nei reparti Covid sono stanchi di vivere separati dalle famiglie in case in affitto per evitare di contagiarli.

Le soluzioni alla fuga di infermieri?
Sicuramente un salario adeguato alle responsabilità e ai rischi e nella media europea. Questo permetterebbe anche il ritorno in patria di circa 20.000 colleghi. In aggiunto come sindacato chiediamo da anni due riforme a costo zero per le casse dello stato: la rimozione del vincolo di esclusività per poter svolgere la libera professione e un comparto separato di contrattazione.

Infatti attualmente il contratto degli infermieri è lo stesso di amministrativi, ausiliari, idraulici etc, che pur svolgendo professioni fondamentali per il Sistema Sanitario Nazionali hanno delle peculiarità come la turnistica e l’organizzazione del lavoro assolutamente diverse e spesso in antitesi con quelle dell’infermiere.

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