Statuto sardo, Pais: 72 anni di specialità ancora da attuare

Pubblichiamo l’intervento del Presidente del Consiglio regionale, Michele Pais, in occasione del 72esimo anniversario della promulgazione dello Statuto autonomo della Regione Sardegna.

“Sono trascorsi 72 anni dalla promulgazione della Legge Costituzionale n. 3 del 26 febbraio 1948, con la quale l’Assemblea costituente adottava lo Statuto speciale per la Sardegna. Una conquista importante per il Popolo sardo, che si dotava di una autonomia legislativa e amministrativa di rango costituzionale, assieme alle altre Regioni italiane a statuto speciale allora istituite. Lo Statuto, per ragioni storiche, culturali, linguistiche e geografiche, rappresentava uno strumento indispensabile per affrontare la nuova fase istituzionale che si apriva con la fine del secondo conflitto mondiale.

Da allora molte cose sono cambiate, se non rivoluzionate, nello scenario nazionale, europeo e mondiale, sul piano sociale, politico, economico. Un dato resta costante nell’affrontare il tema dello Statuto: la condizione di insularità costituisce uno dei principali presupposti della specialità della nostra Isola.

Per questo, ancora oggi, siamo impegnati, in modo unitario, per vedere riconosciuta questa particolare condizione nella Costituzione italiana. L’insularità non deve più rappresentare uno svantaggio bensì un’opportunità di sviluppo, economico e sociale della nostra terra, che, in un rinnovato quadro geopolitico e geostrategico dovrebbe costituire un “ponte” nei rapporti e negli scambi all’interno del Mediterraneo e un anello di congiunzione tra il Continente europeo e i Paesi del nord Africa.

Con il trascorrere del tempo si è sempre più consapevoli che la nostra specialità, che trova – lo ribadisco – tra le sue ragioni fondanti la condizione di insularità, necessita di un nuovo quadro ordinamentale specifico e di strumenti idonei a svilupparne i contenuti. Solo adottando misure specifiche e quindi “speciali”, adatte a ridurre gli svantaggi che genera la condizione di insularità, si potranno dare uguali condizioni di partenza, condizioni di pari opportunità ai sardi: ciò non è altro che l’applicazione del supremo principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della nostra Costituzione. Tra gli ostacoli che dovrebbero essere rimossi penso innanzitutto a quelli che condizionano il diritto alla mobilità o a quelli che rendono costosa e difficoltosa la produzione e la distribuzione dell’energia: la rimozione di questi, come di altri ostacoli derivanti dalla condizione insulare, garantirebbe ai sardi pari condizioni di partenza rispetto agli altri cittadini italiani ed europei in settori fondamentali. Superati questi ostacoli la Sardegna sarebbe posta nelle condizioni di uscire in modo definitivo, con le proprie forze, dal ritardo economico e di trasformare la condizione di insularità da una condizione di svantaggio a un’opportunità di crescita.

A settantadue anni dalla sua promulgazione, dunque, lo Statuto speciale sardo resta ancora il baluardo sul quale costruire le nuove prospettive della specialità. In questo senso occorre integrarne i contenuti e adattare quelli già in vigore ai nuovi scenari. Abbiamo necessità, ad esempio, di strumenti normativi che garantiscano un maggior consolidamento dei rapporti diretti con l’Unione Europea, per creare un’efficace e sinergica rete con il continente e con le altre isole del Mediterraneo; sarebbe inoltre auspicabile disporre di strumenti normativi che riconoscano un regime speciale in materia di trasporti anche mediante l’introduzione di specifiche deroghe alla disciplina sugli aiuti di Stato; di un regime fiscale di vantaggio o, meglio, di una “fiscalità di mitigazione dello svantaggio”, indispensabile al rilancio delle nostre aziende e delle nostre imprese.

Viviamo nella cosiddetta era del “mercato globale”, della “globalizzazione”: le potenze economiche come Cina ed India, in questo contesto, stanno assumendo un ruolo crescente nell’economia mondiale, modificando di fatto i rapporti di forza e gli equilibri tra quelle che sono sempre state considerate le potenze economiche della seconda metà del XX secolo.

Anche la Sardegna e il Popolo sardo non possono sottrarsi dall’affrontare queste valutazioni: ripensare il ruolo dello Statuto speciale, al compimento dei suoi 72 anni, significa anche questo, significa ripensare il ruolo della nostra Isola nel nuovo contesto geopolitico mediterraneo ed europeo, sicuramente diverso rispetto a quello che si presentava allora.

L’apertura dei mercati e gli accordi economici in corso tra Unione europea e Paesi del mondo arabo che si affacciano sul Mediterraneo, dovrebbero vedere la Sardegna protagonista e in posizione centrale rispetto alle nuove evoluzioni in atto.

Ritengo, così, fondamentale e prioritario avviare già da questa legislatura un aperto confronto tra tutte le forze politiche, economiche e sociali, e con gli enti locali, con l’obiettivo di dare vita a un nuovo assetto istituzionale della nostra Regione, per aprire una nuova fase dell’Autonomia o, meglio, della Specialità della Sardegna, per affrontare le nuove sfide, per cogliere le nuove opportunità, per dare speranza alle nuove generazioni dei sardi”.

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