In Sardegna presenti meno immigrati nei centri di accoglienza

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Foto di repertorio

Seicentoventinove i migranti nei centri di accoglienza straordinaria rispetto ai 988 dello scorso giugno: 354 in provincia di Cagliari, 31 a Nuoro, 215 a Sassari, 29 a Oristano. Sono alcuni dei numeri emersi questa mattina a Quartu Sant’Elena (Città metropolitana di Cagliari) in un incontro in sala consiliare per celebrare la Giornata del rifugiato.

A introdurre i lavori il direttore della Caritas don Marco Lai che ha richiamato il messaggio del presidente Sergio Mattarella e di Papa Francesco. Ha anche ricordato l’importanza dell’iniziativa per “fare il punto su una situazione in cui la mobilità umana continua ad aumentare e in cui i diritti dei rifugiati continuano ad essere calpestati in varie parti del mondo”. Presente anche l’arcivescovo di Cagliari Giuseppe Baturi.

L’impegno all’accoglienza e alla piena integrazione portato avanti dalla Caritas diocesana è stato descritto dai coordinatori del Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) e di accoglienza straordinaria (Cas) Anna Puddu e Alessandro Cao. “Nel periodo della pandemia – ha detto Baturi – abbiamo conosciuto il valore della interdipendenza che, per diventare solidarietà, richiede la libertà di ciascuno che sceglie di aprirsi verso l’altro; ancora l’amore sociale, altra parola sollecitata da Papa Francesco che introduce un cambiamento perchè ci porta a far perno sulla storia individuale della persona; ancora l’amicizia sociale, in cui tutti i soggetti contribuiscono all’edificazione della società”.

Piena adesione del comune di Quartu: “C’è il rischio – ha detto il sindaco Graziano Milia – che si manifestino problemi, che quella capacità di accogliere il diverso non emerga, che addirittura lo si additi come causa dei nostri mali, nonostante i dati statistici dimostrino il contrario. Per questo non possiamo permetterci di rimandare, ma dobbiamo piuttosto rilanciare con ancora più forza e convinzione l’integrazione, l’accoglienza, e quindi in particolare deve essere favorita la tutela dei rifugiati, deve essere coltivata più di quanto veniva fatto prima, perché oggi i rischi sono maggiori di prima”. (ANSA)

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