Un costante consumo di carne aumenta l’aspettativa di vita

maialetto sardo

Un costante consumo di carne, meglio se proveniente da allevamenti sostenibili, contribuisce in modo considerevole ad allungare l’aspettativa di vita. Ad affermarlo, non solo i dati sulla dieta mediterranea e il numero elevato di centenari della Sardegna, ma uno studio scientifico che arriva da Adelaide, eseguito dal dottor Wenpeng You e pubblicato sull’International Journal of General Medicine che ha esaminato gli effetti complessivi sulla salute, del consumo totale di carne in oltre 170 paesi in tutto il mondo. Il risultato è sorprendente, perché dimostra che l’uomo nella sua evoluzione e tutt’ora, ha bisogno dei nutrienti contenuti nella carne per combattere mortalità infantile e aumentare l’aspettativa di vita. Da oltre due milioni di anni infatti, l’evoluzione umana è stata possibile grazie ad adattamenti genetici, fisiologici e morfologici al consumo di prodotti a base di carne, che noi abbiamo ereditato.

“È una ulteriore conferma di quanto già è stato dimostrato dagli studi della Università di Sassari, in merito alla importanza del consumo di carne di agnello già nello svezzamento – spiega il presidente del Contas Battista Cualbu -, perché importante fonte di grassi polinsaturi della serie omega-3 e di acido linoleico coniugato (Cla). Una carne poco grassa, che proviene appunto da agnelli che si alimentano solo con il latte delle pecore al pascolo”.

Elementi nutritivi che aiutano lo sviluppo cerebrale, la vista nei bambini più piccoli e il corretto funzionamento del sistema nervoso centrale. Con effetti favorevoli, tra le altre cose, nel trattamento di patologie gastro-intestinali. Dati messi nero su bianco dagli studi dell’Università di Sassari nel 2015, grazie al lavoro di Anna Nudda e Gianni Battacone, ricercatori della facoltà di agraria di Sassari, insieme al direttore del Dipartimento universitario di Agraria a Sassari Giuseppe Pulina ed in collaborazione con una specialista americana Shelley McGuire, della Washington State University.

Il modo tradizionale di brucare delle pecore, non ammassate come altrove in capannoni o aziende di ridotte dimensioni, aumenta notevolmente nella carne i contenuti di alcune sostanze fondamentali che vengono trasmesse completamente all’uomo. Queste contribuiscono appunto a migliorare il funzionamento del sistema nervoso centrale soprattutto nei più piccoli.

Non quindi carni da allevamenti intensivi, ma da animali che vivono liberi di pascolare e sono parte integrante di un territorio che l’allevamento ha forgiato in anni di attività, “l’agnello Igp di Sardegna, è rappresentativo di tutto quello che viene riportato in questa ultima ricerca scientifica – commenta Alessandro Mazzette direttore del Contas – che ribalta i fondamenti dell’anti consumo di carne, ma anzi dimostra proprio il contrario, che il nostro organismo si è abituato a quell’apporto alimentare, migliorando nei millenni la propria resistenza proprio grazie a questo tipo di alimentazione che nessun altro tipo di alimento potrà sostituire. Per questo ci possiamo definire fortunati: assieme a questo importante patrimonio alimentare, la Sardegna è detentrice, come poche realtà al mondo, di un modo di allevare che parte già da una condizione di rispetto del benessere animale, e vince rispetto a quelle dinamiche commerciali che nascondono invece produzioni intensive che si riflettono poi negativamente sulla salute del consumatore e che in questi anni hanno portato alla demonizzazione del consumo di carne”.

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