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venerdì, 26 Aprile 2024

CRISI DELL’UNIVERSITÀ – CRISI DELLA SOCIETÀ

La società odierna è caratterizzata da una crisi profonda di valori ed idealità: il mito dell’economia condiziona a tal punto da rendere naturale e pacifico che uno pseudo-valore o, un valore strumentale quale il benessere economico, venga collocato al vertice della gerarchia dei valori umani e ad esso ci si riporti per determinare la validità di ogni altro valore.

La società, però per esistere ad assolvere alla sua funzione che è quella di permettere agli uomini di realizzare le proprie non solo economiche, ma anche spirituali ed etiche, non può ridursi a rappresentare ed a risolvere una problematica di carattere economico.

Questa crisi di valori ed idealità, questa mistificazione disumana a carattere materialistico-edonistico riguarda tutto quell’insieme di istituzioni e di organi che si riferiscono ad esigenze ed aspirazioni trascendenti il puro problema economico: una di queste istituzioni è l’Università.

SCADIMENTO DELLA FUNZIONE DELL’UNIVERSITÀ

L’Università è, oggi, una “cosa” equivoca e strana: non si comprende a che serve e che rappresenti.

L’unico dato certo sono i suoi innumerevoli edifici che , di quando in quando, servono da tribuna per alcuni sedicenti professori e da domicilio abituale per tanti giovani di “professione” studenti universitari.

L’Università, oggi, non prepara, non informa né, tanto meno, forma.

Non prepara perché chi da essa esce non è vero che sia un professionista; non informa perché è arretrata sul piano sia temporale che scientifico; non forma poiché, nella confusione e nel capovolgimento di ogni valore e concetto, rinuncia al compito principe assegnatole: trasmettere al giovane saggezza e conoscenza per farne un uomo.

L’unica funzione che l’Università ha voluto e potuto assumere è quella di conferire un certo tipo di documenti necessari per ottenere una qualsiasi occupazione: la laurea è divenuta così una specie di atto di nascita.

Non importa se quei documenti attestino soltanto che un individuo ha risposto a due o tre domande per ogni esame: la burocrazia della società dei consumi non bada alla sostanza, ma solo alla forma, sempre, però, con il freddo calcolo di aver immesso nuove energie nel processo divoratore della società economista.

L’UNIVERSITÀ COME SCUOLA TECNICO PROFESSIONALE

La convinzione più largamente diffusa è quella che considera l’Università come scuola capace di fornire nozioni ed informazioni necessarie all’esercizio di una qualsivoglia professione.

Da questo concetto nascono tutte le critiche alla funzionalità, all’adeguatezza, all’arretratezza, delle odierne strutture universitarie.

L’esasperazione tecnicistica che sembra caratterizzare questa nostra epoca, è esplosa violentemente anche nell’Università: i laboratori sono insufficienti, le apparecchiature sono datate e i testi non adeguatamente aggiornati.

Tutte queste critiche sono validissime e possono essere sottoscritte da chiunque ma, c’è da aggiungere, non è accettabile la tesi che l’Università si riduca sic et simpliciter ad una scuola tecnico-professionale propedeutica soltanto all’esercizio di una professione.

Vera Università si dovrebbe intendere quel tipo di istituzione dove viene insegnato il sapere universale; dove, cioè, l’insegnamento è a livello scientifico e non tecnico.

L’Università non deve rappresentare il soddisfacimento di un’esigenza di specializzazione tecnica, ma deve essere in grado di fornire una precisa formazione scientifica.

Non occorre l’Università per formare degli ottimi tecnici, anzi è assolutamente irrazionale pretendere che, per diventare un tecnico, si studino, per anni e anni, materie tipicamente teoriche.

All’Università non spetta il compito di preparare un tecnico specializzato che può e deve essere preparato in scuole essenzialmente tecniche, cioè pratiche ed applicative, ma di formare scienziati, individui che sappiano creare o, perlomeno esperimentare e provare e non solamente applicare e ripetere.

PROFESSORI SQUALIFICATI E … SQUALIFICANTI

Una delle più gravi manchevolezze dell’Università si manifesta proprio nella deficienza qualitativa del corpo docente.

Non si dimentichi che gli attuali “Baroni” sono nati dalla lotta proprio contro le baronie, attraverso il voto politico e collettivo, gli esami ridotti a sfoggio di spranghe e chiavi inglesi. Non si tratta di penalizzare il valore della contestazione giovanile del ’68 (se vi sono degli eredi autentici quelli siamo noi), si tratta, però, di indicare la degenerazione e la viltà di tanto corpo insegnante.

Non si dimentichino gli anni ’70 quando gli insegnanti educavano alla rivolta, ma ben pochi hanno seguito i loro allievi nella “prassi” ben aggrappati a quel 27 del mese (giorno di paga dello stipendio) di quello stesso Stato che andavano dispregiando; e, forse, meno viltà e più coraggio intellettuale e civile avrebbe preservato tanto sangue sparso inutilmente.

Noi siamo, infatti, certi che, se vi fossero docenti capaci, le lezioni potrebbero tenere anche in giardini pubblici e l’Università funzionerebbe benissimo.

Al contrario, molti di costoro, giunti alla cattedra in forza di clientela, servilismi, maneggi e imbrogli, pretendono di essere chiamati “professori” ed essere rispettati come autentiche autorità per il solo fatto di affidare le lezioni a qualche assistente, di far vendere i propri libri e proprie dispense a prezzi proibitivi e considerare gli studenti, al momento dell’esame, come animali in una fiera.

Non tutti, è chiaro, sono così, ma il solo fatto che una buona parte lo sia squalifica l’intero corpo docente.

A queste manchevolezze se ne aggiungono, poi, altre riguardanti l’applicazione della funzione didattica.

Infatti, a prescindere dal fatto che la lezione cattedratica ha un suo compito determinato e circoscritto dovrebbe, quindi, essere integrata da altere forme di insegnamento come seminari (dove il professore, non l’assistente, avrebbe la possibilità, più che informare lo studente di formare lo scienziato o, meglio, l’habitus mentale dello scienziato), vi è un fondamentale errore di impostazione: l’insegnamento non è scientifico, ma tecnico e si riduce ad una sequela di nozioni che qualsiasi persona può acquistare mediante un libro adeguato o una registrazione audio.

Questa carenza non va, però, ricercata soltanto nel modo di esplicare la funzione didattica, ma anche nelle persone fisiche che esplicano che sono, quasi sempre, dei tecnici ad altissimo livello, ma non dei docenti universitari.

Il loro posto dovrebbe essere nelle scuole tecnico-professionali, non nelle Università ! In queste sono necessari coloro che si dedicano completamente all’alta missione dell’insegnamento e che sanno offrire non soltanto le aride regole conquistate con l’esperienza, ma l’esperienza stessa.

IL RAPPORTO DOCENTE-DISCENTE

Il docente ed il discente non sono due fenomeni diversi, ma due aspetti dello stesso fenomeno: quello della conoscenza.

Funzione e dovere del docente è quello di guidare lo studente al raggiungimento di livelli più alti del Sapere e dell’eticità, di predisporre le modalità mediante le quali lo studente possa raggiungere gli obiettivi concreti da esso stesso scelti, e chiarire con l’esempio personale i modi ed i principi a cui deve ispirarsi un futuro scienziato. Il discente deve tendere continuamente al raggiungimento di responsabilità più vaste e personali sia su un piano di studio sia su un piano morale.

Quindi, mentre si ribadisce la funzione di guida del docente, si afferma il dovere di responsabilizzare il discente sempre più profondamente dall’inizio del corso sino alla fine.

IL NOSTRO IDEALE DI UNIVERSITÀ

 

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